Butcher’s Crossing – di John Williams

#UnaRecensionealVolo

Buongiorno lettori e che la primavera possa portare tante meravigliose speranze con la sua impeccabile vivacità fatta di colori floreali pronti a soccombere sull’imponente freddezza dell’inverno!

Proprio a questo proposito restando in tema, apro le porte ad una nuova #RecensionealVolo riguardante un titolo che molti lettori hanno amato sia per l’intimità che intercorre costantemente tra la Natura e l’essere umano e sia per il viaggio di analisi nella ricerca interiore dei personaggi.

Il GDL dal titolo “Letture In Sella” è iniziato nel mese di marzo con le pagine di Butcher’s Crossing di John Williams, autore conosciuto per un titolo immensamente simbolico tra la letteratura americana del ventesimo secolo, ovvero “Stoner”.

Osserviamo come l’autore di Butcher’s Crossing, sia stato capace di dar vita ad una lettura intima, struggente in termini di cambiamento e di distacco dalla calma quotidianità, per volgere poi alla ricerca di se stessi attraverso paesaggi immensi, apparentemente vuoti, assenti ma nonostante ciò così ricchi di vita.

In tutta sincerità sì, è stata una lettura complessa e molto introversa. Difficile da stanare nella sua apparente “generalità”; una lettura particolare, accogliente eppure astrusa nella sua più profonda ed oscura rilevanza tematica ed emotiva.

Nasci e ti allattano con le bugie, poi ti svezzano dalle bugie finché non ne impari altre a scuola, più raffinate. Vivi di bugie per tutta la vita, e poi forse, quando sei pronto per morire, ti viene in mente che non c’è nient’altro, nient’altro che te stesso e quello che avresti potuto fare.

John Williams decide di metterci tra le mani un titolo nettamente unico, fortemente soggettivo e necessario per una crescita interiore che ciascun lettore è da sempre, profondamente desideroso di affrontare.

Questo perché Butcher’s Crossing non è solo Andrews, un ragazzo di città timoroso del proprio futuro, non è Miller, un uomo pronto al riscatto e al desiderio di conquista di un sogno andato perduto da ormai troppo tempo, non si tratta nè di Charley, uomo di fede e di lealtà, desideroso di accogliere con quiete ogni attimo di vita, e né tanto meno di Schneider, uomo freddo, complesso e distaccato nelle sembianze della sua imperturbabile personalità.

Era un sentimento, era un’urgenza che doveva esprimere.

Era una forma di libertà e bellezza, di speranza e vigore che gli sembrava alla base di tutte le cose più intime della sua vita, che pure non erano né libere, né belle, né piene di speranza e vigore.

Ciò che cercava era l’origine e la salvezza del suo mondo, un mondo che sembrava sempre ritrarsi spaventato dalle sue stesse origini.

E’ dunque attraverso le parole di Andrews che comprendiamo come Butcher’s Crossing sia un qualcosa di molto più profondo e più intimo, molto meno razionale e molto più naturale ed individuale. La caccia, simbolo di sopravvivenza e desiderio di conquista, assume le sembianze di un riscatto verso se stessi, sulla voglia di tentare d’alterare un destino segnato dalla solitudine e dall’incompletezza vitale. La malinconia dell’irraggiungibile, il timore di un sogno infranto, la rigida razionalità nel tentativo di raggiungere una meta che sembra allontanarsi sempre di più dall’essere umano che cerca e sogna.

Le montagne del Colorado fanno da sfondo ad un mondo perfetto, in cui l’imperfezione è umana e la voglia desiderosa di ricerca del proprio io e il suo compimento si svegliano nel segno, seppur incompleto, dei colori e dei suoni della vita.

La speranza, il silenzio delle parole, il passo lento e misurato tra i sentieri e i mille desiderati bisonti, divengono metamorfosi dell’uomo che nella sua fragilità, assorbe vita e intimamente dona senza prezzo esperienze e desideri.

Guardò di nuovo verso il fiume. Da questa parte c’è la città, pensò, e da quell’altra la natura selvaggia. “

La Coffeer_